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Fusione o non fusione? L’analisi tra fintech e tassi negativi

Feb 27, 2020 | Aziende e professioni, Banche e finanza, Management e direzione | 0 commenti

Spesso negli ultimi anni si sono presentati diversi casi di fusioni bancarie, al fine di eliminare la frammentazione. Prima di dare attuazione a una decisione di tale portata tuttavia, occorre analizzare attentamente più elementi che possono portare anche alla decisione di non procedere con la fusione.

Nonostante questo però vi sono anche dei buoni motivi per procedere alle fusioni bancarie:

  • I tassi negativi, che portano alla riduzione della redditività delle banche;
  • L’elevato costo degli investimenti digitali che le banche devono sostenere.

È proprio l’ultimo punto quello su cui ci vogliamo focalizzare di più. È ormai rinomato infatti che ci troviamo nell’era della digitalizzazione e questo comporta, anche per le banche, la necessità di restare al passo. Ci addentriamo così nel mondo del FINTECH, ossia della financial technology o tecnofinanza (cioè l’innovazione tecnologica nei servizi finanziari). All’interno di questo mondo in grande espansione tuttavia, la concorrenza è agguerrita. Vi sono infatti innovazioni che forniscono tecnologia e servizi alle banche, ma ci sono anche fenomeni fintech che vogliono sostituirsi agli istituti finanziari.

Ciò che desta maggior preoccupazione sono i così detti Big Tech, come Google, Apple, Microsoft e Facebook, che sono interessati non solo al business bancario, ma anche a diventare delle data driven company, ossia delle aziende che ottengono un gran numero di dati sui clienti che permettono senza dubbio di migliorare il business. Occorre quindi un adeguato sistema di regole a cui devono sottoporsi tutti i partecipanti a questo gioco di concorrenza. 

Ferma restando la necessità di effettuare attente analisi prima di procedere con la fusione bancaria, quest’ultima sta diventando un’ipotesi sempre più auspicabile per gli anni futuri.

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